
Tornano a girare i numeri dell’economia cinese dopo la forte battuta d’arresto causata dall’insorgere della pandemia. Il vino di importazione, stando ai dati di settore registrati all’inizio del 2021, ha registrato una flessione del 27%, chiudendo con un valore di 1,6 miliardi di euro, contro i 2,8 dell’anno precedente.
A soffrire maggiormente è il Cile, che sulla vendita di vino sfuso in Cina aveva costruito un solido canale di distribuzione negli ultimi anni. Ma proprio quello degli sfusi è stato il principale segmento in calo (-38% rispetto al -26% dei vini in bottiglia). A mettere il carico sul disastro ci ha pensato lo stesso governo cinese, con una revisione delle politiche doganali nell’autunno scorso atte a contrastare il fenomeno del dumping, che ha fortemente condizionato le transazioni del vino cileno e di quello australiano.
Un fattore, quello dei nuovi deal, che ha in qualche modo favorito una maggiore penetrazione del mercato di vini italiani e francesi, da sempre contendenti del podio asiatico. E, a loro volta, non esenti dai molteplici picchi e crolli che hanno caratterizzato questo strano ultimo anno.
Export di vino in Cina: numeri e prospettive
La svalutazione del 2% della moneta cinese conseguente all’insorgere dell’emergenza sanitaria ha contribuito ad incrementare il valore delle perdite. Un dato, tuttavia, rapidamente rientrato con l’inizio del 2021, anche grazie alle numerose riforme attuate dal governo di Pechino. E c’è anche chi ha saputo creare utili. Nella disfatta cinese del 2020, a registrare un incremento del 60% è stato infatti IWB, grazie soprattutto ad un concreto piano di appoggio nel canale della grande distribuzione locale.
Fino alla fine del 2020, l’Italia manteneva il suo quarto posto tra le nazioni importatrici di vino nel paese, con un patrimonio di 101 milioni di euro in rappresentanza del 5% delle esportazioni complessive. Dati che la perdita di terreno del vino australiano e cileno a cavallo tra le due annualità ha senza dubbio favorito. Vendere vino in Cina per le cantine italiane rappresenta oggi una prospettiva più allentante rispetto agli scorsi.
La ripresa dell’economia nazionale cinese lascia ben sperare nella possibilità di una positiva diversificazione del mercato, in grado di allentare la tensione della concorrenza internazionale, sempre più massiccia negli Stati Uniti.
Secondo un sondaggio condotto da Zhong Can Yi Jiu, media culinario cinese, il 53% di 166 cantine italiane intervistate nelle regioni a maggiore vocazione per il mercato asiatico (cioè Toscana, Piemonte e Veneto) asserisce di vedere positivamente il futuro dell’export di vino italiano in Cina. La restante controparte si è astenuta, è neutra o vede con preoccupazione al futuro.
Tuttavia, la vendita di vino in Cina rappresenta un ancora un valore imprescindibile per moltissime cantine italiane, specie in fascia alta, che necessita di strategie in grado di tutelarla.
Vendere vino in Cina: trovare importatori senza fiere è la nuova sfida
Il riscatto economico della Cina a seguito dell’emergenza è ormai un processo che sempre di più interessa il resto del mondo. Gli altissimi livelli di tensione tra il Paese del Dragone e gli Stati Uniti registrati negli ultimi anni hanno innescato una sorta di prova di forza da parte della Cina, alla quale Pechino non può sottrarsi in un momento tanto delicato. Prova di forza che passa, ovviamente, anche e soprattutto attraverso la capacità di rispondere in modo risolutivo alla crisi ancora in corso.
La transizione tecnologica e digitale alla quale la Cina stava assistendo negli ultimi dieci – quindi anni ha senza dubbio subito una fortissima spinta, elevando il livello progettuale delle corporazioni e della fruizione stessa di dispositivi per la navigazione internet su piani che solo fino al 2018 potevano dirsi futuristici.
Il resto delle economie mondiali cerca di tenersi al passo, dapprima snobbando le novità in arrivo, per abbracciarle però subito dopo. È il caso, tra i tanti, di TiKTok, divenuto in breve il terzo o quarto (a differenza dei paesi) social network più utilizzato anche in UE e USA, che ha costretto Instagram in pochi anni a riproporne alcune funzioni, come i suoi Reel.
La spinta in digitale ha ormai coinvolto ogni strato dell’economia cinese, rendendo quest’ultima completamente indipendente in molti comparti e filiere per quanto riguarda il trade tradizionale in presenza. È il caso delle fiere e dello scouting di importatori che, a seguito delle restrizioni dettate dalla pandemia hanno trovato terreno fertile online, grazie agli strumenti messi a disposizione dal digitale. Trovare importatori in Cina oggi significa anche saper investire e parlare il linguaggio delle nuove tecnologie.
Sembrano essersene accorti gli stessi big del vino italiano, da Masi a Boscaini, che hanno recentemente investito per l’apertura di profili aziendali su WeChat, il principale social network cinese. Ma anche operatori di settore e professionisti occidentali, sempre più convinti che il futuro della degustazione e della vendita di vino sarà online.
La transizione riguarda infatti soprattutto match e le degustazioni, dallo scorso anno sempre più apprezzate in chiave digitale, soprattutto dalle piccole aziende. Non a caso, sono sempre di più importatori e produttori migrati in digitale, con formule di degustazione, contrattazione e incontro che sicuramente rappresenteranno uno standard anche ad emergenza conclusa.
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