
Cresce in Italia la richiesta di vino sfuso, mentre la Spagna perde terreno. Dati in dettaglio su volumi e prezzi al litro, e un consiglio su come trovare importatori in tutto il mondo alla ricerca di vini del Bel Paese.
Già dallo scorso anno, la vendita di vino sfuso su scala globale aveva iniziato a far percepire segnali di svolta. Oscillazioni che indicavano chiaramente che “qualcosa si stava muovendo” all’interno di questo segmento, seppur in maniera lieve e contenuta.
Trend confermato nel corso di quest’anno, con Paesi capofila per esportazione di sfusi che hanno perso terreno, seppur mantenendo il ruolo di leadership, e nazioni emergenti che lo hanno guadagnato.
Le ragioni sono tante e, a dirla con franchezza, non tutte propriamente “etiche”. La vendita degli sfusi, infatti, è spesso caratterizzata da “zone d’ombra”, all’interno delle quali possono verificarsi fenomeni come l’imbottigliamento di produzioni a basso costo spacciate per vini di qualità. O, ancora, il “re-branding” di prodotti acquistati in Paesi caratterizzati da produzioni di bassa qualità, e venduti in nazioni dove la vocazione enoica è sinonimo di prestigio, come accade per il Made In Italy.
Com’è facilmente intuibile, non si tratta di un fenomeno legato esclusivamente alla filiera del vino, ma che interessa, su larga scala (e forse molto di più) altri comparti dell’agroalimentare, da quello del latte a quello del grano. Naturalmente, è sempre l’etichetta a parlare chiaro, salvo lì dove si oltrepassano i limiti della legalità.
Ovviamente, il mercato dei vini sfusi non è solo questo. Un giro d’affari del valore di quasi 3 miliardi di euro, che movimenta ogni anno circa 3,3 miliardi di litri.
Nell’ultimo anno, le variazioni di mercato hanno determinato un deprezzamento del prodotto nei Paesi da sempre al primo posto per vendita di sfusi all’estero. Ma, allo stesso tempo, anche un incremento di valore in Paesi emergenti.
Nel momento più caldo della pandemia, a ridosso della primavera di quest’anno, non ha particolarmente caratterizzato questo canale che, anzi, è riuscito a registrare un interessante +2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Tra gli importatori che lo preferiscono c’è anche chi opera nel settore delle enoteche e dei locali di ristorazione. Chi ha trovato il suo canale in una rete di imprenditori interessati alla mescita o alla vendita senza packaging. E ancora molte, molte altre ragioni.
Ma quali sono i principali Paesi esportatori di vini sfusi, quali i vini più richiesti e come si posiziona l’Italia all’interno di questo contesto?
Export di vini alla sfusi: Spagna al primo posto
Con ben 1 miliardo di litri sfusi esportati a cavallo tra il 2019 e il 2020, la Spagna si riconferma il primo Paese per la vendita di vino sfuso all’estero. La produzione si concentra principalmente sui rossi, e sembra interessare in particolar modo la regione de la Roja.
Nonostante questo, proprio la Spagna è stata la nazione a perdere di più nel corso di quest’anno, con un calo in termini di valore del 14,5%, che ha di fatto decretato il maggior deprezzamento del prodotto, sceso ad appena 0,42 centesimi al litro.
Il dato è particolarmente preoccupante se comparato ai volumi di esportazione, rimasti praticamente invariati. Non una vera e propria perdita di terreno, quindi, ma un ben più pericoloso declassamento del prodotto a fronte di una maggiore competizione o di minori investimenti in termini di qualità.
Vini sfusi: l’Australia guadagna terreno
A grande distanza, sul secondo posto del podio, l’Australia con i suoi 357 milioni di litri di sfusi esportati nell’ultimo biennio, che registrano però un incremento di valore toccando quota 0,87 centesimi al litro.
Negli ultimi anni, proprio l’Australia ha saputo costruire una sua identità enoica, lanciando le produzioni di vini locali come una frizzante novità sul mercato. Grazie al clima del territorio, all’incredibile disponibilità di terreni al di fuori delle poche zone urbanizzate e, forse, anche all’azione del cambiamento climatico degli ultimi tempi, il Paese ha iniziato a sperimentare nuove forme colturali.
Esperimenti che hanno, di fatto, iniziato a restituire dei frutti, con un +7% in valore del comparto enoico registrato dall’UIV nel settembre scorso. Un incremento di prezzo medio di esportazione attestato sui 3,4 dollari per litro, e un giro d’affari complessivo di 2,89 miliardi di AUD. Ancora poco rispetto ai competitor europei, ma sicuramente da tenere sotto osservazione.
Export di vini sfusi: l’Italia cresce in volume
Il Bel Paese è da considerarsi al secondo posto per indice di volumi (445 milioni di litri esportati tra il 2019 e il 2020). Al secondo posto anche per valore, con un prezzo medio di 0,65 centesimi al litro che ha segnato quest’anno un sorpasso rispetto alla già citata Spagna.
Tra i prodotti più ricercati i rossi, ma anche i bianchi frizzanti, che negli ultimi due anni hanno rivestito un ruolo da protagonisti nelle transazioni internazionali.
Principali Paesi di esportazione restano USA, Germania, Francia e Regno Unito. Quest’ultimo, in particolare, sembra essere cresciuto anche grazie all’affermarsi sul mercato dei vini in lattina.
Solo la GreenCroft Bottling, tra le principali aziende imbottigliatrici britanniche, lo scorso anno ha investito ben 2 milioni di sterline nel lancio dei formati di 187ml, 200ml e 250ml. Il tutto a fronte di un incremento del 6% di consumatori che sembrano preferire questo formato per questioni di praticità e sostenibilità ambientale.
Altre grandi aziende avrebbero iniziato a fare lo stesso anche in Germania (dove la cultura della lattina è, sicuramente, più diffusa che nel nostro Paese) e in Francia.
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