
Che la flessione rispetto allo scorso anno fosse evidente era ormai un dato di fatto. Impossibile bissare i numeri da record registrati nel 2019, con le criticità verificatesi a seguito della Pandemia.
Tra alti e bassi, tanta paura e nuove tendenze di mercato, tuttavia, il vino italiano sembra aver retto bene all’impatto con i mesi più caldi dell’emergenza. Certo, abbiamo perso molto, specie a causa del blocco alla ristorazione, che ha paralizzato le vendite sul territorio italiano nella primavera scorsa. E non mancano le preoccupazioni per il futuro.
Ma c’è chi ha perso di più, in termini di valore e di terreno. Come la Francia che, oltre ai risvolti negativi della Pandemia, continua a fare i conti con le tassazioni sui prodotti di importazione imposte da Donald Trump. Uno “scherzetto” che, insieme agli altri, è costato all’Eliseo circa 1 miliardo di euro solo dalla primavera scorsa.
Per questo, anche l’Italia dei fine wine guarda con preoccupazione alle nuove elezioni presidenziali negli States, dove per il momento il pericolo di nuovi dazi sul vino sembra scongiurato. Ma con Trump mai dire mai.
Covid e export di vino: buone le performance delprimo trimestre
Diciamocelo chiaramente: è stato un tornado. Qualcosa di inaspettato, al quale non eravamo preparati. Il Covid è arrivato sull’entusiasmo di un anno da record, mentre l’intero comparto agro-alimentare del Bel Paese stava ancora festeggiando il traguardo di 43 miliardi di euro in export raggiunti nel 2019.
Le previsioni parlavano già di nuovi obiettivi da raggiungere nel 2020, completamente riconsiderati con l’arrivo della Pandemia. Eppure, nei primi mesi dell’anno, proprio l’Italia ha compiuto quello che potremmo definire un piccolo miracolo.
Secondo una ricerca del Monitor Distretti – Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, solo nel primo trimestre 2020, poco prima dell’emergenza, i distretti agroalimentari hanno realizzato un totale di 5,1 miliardi in esportazioni. Ben +9,3% rispetto all’anno precedente, consacrando il trimestre invernale in oggetto tra i migliori di sempre.
“Un risultato significativo” – si legge nello studio – “da contestualizzare nelle profonde modifiche verificatesi nelle abitudini dei consumatori dal mese di marzo, con l’inizio del lockdown in Italia e, successivamente, in altri Paesi”.
Un risultato, aggiungiamo noi, significativo soprattutto se comparato con altri distretti, che nello stesso periodo hanno perso circa 10 punti in percentuale a causa dell’inizio dell’emergenza.
“La filiera del vino” – continua lo studio – “ha mantenuto i suoi primati nelle esportazioni nei primi 3 mesi del 2020, con oltre 1,3 miliardi di euro (+6,1 in percentuale), insieme a quella dolciaria e della pasta”.
Altre filiere in crescita sono state quella del riso (+12,3%), della carne e dei salumi (+10,1%), delle conserve (+5%), dei prodotti caseari (+4,6) e dell’olio (+3,6%).
Insomma, siamo stati bravi/e, e ogni tanto fa bene sentirselo dire.
Numeri export di vino 2020: a maggio la flessione peggiore
È l’indagine Coldiretti / Ixè ad evidenziare, a maggio, la flessione peggiore: 3 imprese agroalimentari su 4, cioè il 74% del totale, ha registrato una diminuzione nei volumi di export. A pesare, in particolar modo, sono stati fenomeni di disinformazione, strumentalizzazione e concorrenza sleale. Non tutti, però, o meglio non solo, dettati dalla crisi sanitaria.
Ad aggiungersi alle difficoltà è stata anche la questione dei dazi USA, i risvolti a lungo termine dell’embargo russo (con l’exploit di finti prodotti italiani sugli scaffali), della Brexit nel Regno Unito e, certamente, quelli sanitari. A soffrire maggiormente, insieme al vino, è stato il settore florivaistico, con le esportazioni del mese di maggio calate dell’11,9%.
Tra gli episodi più deplorevoli registrati dalle aziende italiane, quello delle certificazioni “virus free” imposto da alcuni Paesi Target è stato senza dubbio il più curioso.
Ad essere interessata è un’intera filiera che, solo negli USA, rappresenta un valore di circa 3 miliardi di euro l’anno. Penalizzati altri importanti prodotti made in Italy, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano e, sempre tra i formaggi, gorgonzola, fontina e provolone. Difficoltà anche per il settore dei salumi, delle mortadelle e dei liquori, questi ultimi direttamente interessati dalla questione dei dazi statunitensi.
Export 2020: quali Paesi crescono, quali sono penalizzati
Sempre dall’analisi redatta da Intesa Sanpaolo, scopriamo che le esportazioni nel Regno Unito registrano un calo del 3,8% nei primi mesi dell’anno. Il resto dell’export, rivolto ad economie mature e affermate, come USA, Russia, Germania e Canada, regge bene, uniformandosi ai valori stagionali, sempre tenendo conto della straordinarietà del periodo.
In stand-by i Paesi emergenti del 2019, con Corea, Giappone e est-Europa in testa, che avevano iniziato a guadagnare terreno, ma necessitano ora di nuovi investimenti per essere potenziati. Investimenti, che per il momento, sembrano essere rimandati a periodi più tranquilli.
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