
La ripresa in grande stile delle importazioni agroalimentari in Cina ha rappresentato senza dubbio uno dei principali segnali della ripresa dei mercati internazionali nel 2021, a seguito dell’emergenza pandemica. Dopo lo stop alle importazioni nei primi mesi del 2020, il colosso cinese, da sempre primeggiante per il mercato del vino, era drammaticamente precipitato agli ultimi posti in classifica tra i Paesi Target più gettonati dal settore, cedendo ufficialmente il passo ai rivali statunitensi.
La ferma presa di posizione del governo di Pechino nella gestione dell’emergenza ha consentito, tuttavia, una rapida riaffermazione della propria posizione tra i principali player internazionali. È così che, già all’inizio del 2021, la Cina è tornata a riconfermarsi tra il primo e secondo posto dei Paesi capofila per transazioni, con volumi e valori di importazione pro-capite addirittura maggiori rispetto all’era pre Covid.
Quanto vale l’export di vino in Cina
Nonostante dal punto di vista del singolo consumo stimato la Cina non può certamente competere con altri Paesi occidentali, affermandosi appena tra l’1,5 e i 2 litri annuali per persona (contro, per esempio, i 20,1 registrati in Germania nel 2019, tanto per fare un esempio), il Paese del Dragone ha dalla sua un vantaggio insindacabile: il numero complessivo di consumatori.
Con quasi 1 miliardo e mezzo di abitanti (400 milioni di potenziali consumatori), tra i quali il segmento enologico è in continua crescita da anni, il mercato del vino internazionale in Cina vale oggi 2 miliardi di dollari. Il traguardo di 800 milioni di ettolitri importati nel 2019 lasciava, infatti, ben presagire l’imminente boom, ampiamente confermato dalle transazioni 2021 (+36,6% in volume rispetto a due anni fa).
Trend in ascesa, quello del vino, riscontrabile anche da un ulteriore fattore, questa volta endemico: il crescente sviluppo di una filiera sulla quale la stessa Cina continua a lavorare ormai da anni, sempre più orientata alla produzione di etichette high-end. E la passione per il vino viaggia anche online, con il proliferare di servizi, piattaforme e divulgatori impegnati nell’alfabetizzazione e nella vendita di vino sul web, attraverso i principali canali ammessi dal governo di Xi Jingiping.
Il quadro tutto sommato roseo del mercato cinese, tuttavia, non nasconde zone grigie. Prima tra tutte la difficoltà per piccole e medie cantine di penetrare il mercato, a causa dell’eccessiva concorrenza, delle differenze culturali e linguistiche e, non da meno, della mancanza di una pratica struttura in grado di agevolare scouting e intermediazione con gli importatori del Paese.
Perché l’esclusione delle piccole cantine penalizza il vino italiano in Cina
L’autenticità è il tratto distintivo sul quale gli italian wines, negli ultimi vent’anni, hanno saputo costruire la propria reputazione a livello globale. Una reputazione incentrata sulla storia e sulla tradizione dell’enologia made in Italy, fatta di piccole cantine in grado di produrre vini di qualità eccellente anche (e verrebbe quasi da dire “soprattutto”) grazie alla loro connotazione poco intensiva.
Se il mercato internazionale, infatti, riconosce un pregio nei nostri vini è certamente quello dell’esclusività che da sempre permette al Bel Paese di “gareggiare” con altri importanti Paesi produttori. Una caratteristica che vede, ovviamente, nelle piccole e medie cantine la sua espressione più vera ma che, allo stesso tempo, poco di confà ad un mercato massificato, come quello cinese.
A differenza di Canada, Stati Uniti e Europa, dove il vino italiano è oggi in grado di differenziare i canali in funzione di parametri di posizionamento quali fascia prezzo, concorrenza del mercato, richiesta di denominazioni specifici o marginalità, in Cina questo aspetto è quasi esclusivamente appannaggio dei grandi produttori.
Sono infatti questi ultimi i soli a potersi misurare i principali ostacoli del mercato, a cominciare da una catena di distribuzione più lunga rispetto ai Paesi citati in precedenza, ai forti dazi di importazione (pari al 50% sul prezzo finale del prodotto), scarsa digitalizzazione delle PMI italiane (imprescindibile, invece, in Cina) e alle provvigioni dei terzisti, più alte nei canali retail.
Fattori che continuano, di fatto, ad escludere piccoli e medi produttori, impossibilitati – tra le altre cose – a soddisfare le richieste di intermediari GDO a causa degli ingenti quantitativi di referenze richiesti da questi ultimi.
Export di vino in Cina: la necessità di strumenti online per il B2B
Se il principale fattore di predilezione dei vini italiani all’estero è quello della qualità, le piccole cantine non possono restare estromesse dal mercato in funzione della loro stessa natura.
Il dibattito incentrato sull’agevolare piccoli e medi produttori deve concretizzarsi in soluzioni pratiche e dinamiche al più presto, prima – cioè – di perdere ulteriore terreno rispetto alla concorrenza da altri Paesi. Le recenti approvazioni di normative anti-dumping da parte di Pechino hanno rappresentato una grande occasione per il Bel Paese.
Con la progressiva uscita di scena dei vini australiani e cileni dalla piazza cinese (crollata a doppia cifra nel primo semestre 2021), ha offerto a molte cantine italiane l’opportunità di entrare nel mercato e trovare nuove strade per l’export. Sempre di più, però, appare necessario colmare il gap che separa la rappresentanza delle piccole cantine italiane dai potenziali importatori cinesi.
Un gap rappresentato anche dalle difficoltà dei piccoli imprenditori nell’intercettare contatti e canali migliori o impegnarsi in esosi investimenti per partecipazione a fiere di settore, invio di campionature, mediazioni linguistiche e viaggi. Se per questi ultimi, un grande supporto continua ad essere offerto da contributi europei, come gli Ocm Vino, diviene indispensabile pensare a nuove e più economiche strategie digitali per permettere alle cantine di avvicinarsi al mercato in modo più semplice.
Una soluzione in tal senso arriva dalle cosiddette “fiere digitali”: piattaforme online che consentono il matching tra produttori e importatori da remoto, con modalità perfettamente in linea specie per il mercato orientale.
Portali come Wine Business Hub, la prima fiera digitale italiana che consente alle cantine di trovare importatori in tutto il mondo, alla ricerca dei propri vini.
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