
Trend, canali e cambi di rotta: il Covid ha cambiato il modo di lavorare, insieme a parte dell’economia globale. Quali sono i principali trend affermatisi nel mondo del vino? Vediamoli insieme.
Dall’inizio del 2020, il mondo del vino è in “fermentazione”. E se l’emergenza sanitaria è stata, senza dubbio, la principale responsabile del radicale cambiamento ancora in atto (come quello orientato, tra gli altri, ad una maggiore digitalizzazione del settore) è altrettanto vero che non è l’unica.
Il mercato del vino stava già cambiando prima dell’arrivo dell’emergenza. Senza andare troppo lontano negli anni, lo stava già facendo nel 2018, con l’ingresso di nuovi Paesi target nel panorama export e l’affermazione di importanti temi sociali (cambiamento climatico, sostenibilità, parità di genere), che hanno, naturalmente, condizionato anche l’universo della produzione enoica.
Stava cambiando nel 2019, soprattutto in Italia, grazie al rinnovato incremento di valore di vini in grado di rilanciare il brand del Made in Italy nel mondo. Strategie avvalorate dal minimo quanto significativo sorpasso in percentuale di volumi export dei vini italiani rispetto a quelli francesi su alcune delle più importanti piazze internazionali.
È continuato a cambiare nel corso della pandemia, con l’introduzione di piccoli e grandi trend ad essa direttamente correlati, alcuni dei quali cresciuti esponenzialmente, altri ridimensionatisi nel giro di breve tempo. Vediamone alcuni.
E-commerce di vino: troppo poco per dirsi “export”
Tra i fenomeni più rilevanti dell’anno in corso troviamo sicuramente quello dell’e-commerce. Una strategia paventata in un primo momento quale principale soluzione per il salvataggio dell’indotto a seguito della crisi, in particolar modo dalla stampa non specializzata. Di fatto, però, i numeri in crescita registrati nelle prime settimane di lockdown sono ampiamente rientrati con lo scemare dell’emergenza.
Troppo pochi i volumi di vendita, troppo alte le provvigioni richieste dai marketplace di settore: due fattori incompatibili con la necessità di assicurare la giusta marginalità ai produttori. Inoltre, il canale delle vendite online è ancora troppo rivolto ad un pubblico esclusivamente nazionale, quando, stando ai dati Federvini, il principale canale per il vino italiano è ormai quello dell’export, con oltre il 60% della produzione del Bel Paese che prende ogni anno la via dell’estero.
Di fatto, l’unico reale risvolto dell’incremento di vendite di vino online durante la pandemia è stato quello di abbassare il prezzo medio della singola transizione a fronte, sì, di un maggior numero di visitatori, ma alla ricerca di prodotti dal prezzo più contenuto rispetto ai fine wine fino ad oggi presenti su internet.
Impensabile sperare di intercettare pubblico europeo, per non parlare di quello asiatico o statunitense, con la vendita al dettaglio. Tanto più farlo privatamente, senza il supporto, cioè, di piattaforme terziste orientate a questo scopo, con una loro provvigione. Esempi virtuosi, in tal senso, naturalmente esistono, con sistemi di fidelizzazione e formule in stock più simili, però, a gruppi d’acquisto che a veri e propri e-commerce.
È il caso del britannico Naked Wines o dell’italianissima Esploravino, che con il suo “social club” è riuscita a stabilire una sinergia tra produttori, pubblico e ristoratori in modo proficuo per tutte le parti interessate.
Export di vino sfuso: cresce in volume, va giù in valore
Tra i dati più interessanti del 2020 monta quello dell‘export di vini sfusi. Un trend cresciuto a ridosso della pandemia di un considerevole 2,8% rispetto al 2019. Un canale che, negli ultimi 12 mesi, ha visto movimentare circa 3,3 miliardi di litri di vino non imbottigliato, per un valore di 2,4 miliardi di euro.
Un incremento, come nel caso dell’e-commerce, bilanciato però dalla perdita di valore: –7,8%, complessivi, per un prezzo medio di 0,72 centesimi al litro.
Tra i Paesi leader nell’esportazione di sfusi troviamo al primo posto la Spagna, con 1 miliardo di litri spediti in tutto il mondo a cavallo tra il 2019 e il 2020. Nonostante il primato, il Paese è stato quello a soffrire più di tutti il deprezzamento, con un valore crollato del 14,5% e un prezzo medio al litro attestatosi ad appena 0.42 centesimi.
Segue l’Australia, con 357 milioni di litri, il cui valore è salito a 0,87 centesimi al litro, e l’Italia che, solo fino al maggio scorso, aveva già registrato vendite per 445 milioni (+10,3% rispetto al 2019), dal prezzo medio di 0,65 centesimi al litro.
Tra i principali Paesi importatori troviamo Regno Unito, USA, Germania e Francia. Quest’ultima, tuttavia, scesa del -9,7% rispetto al 2019.
Wine Export: anche l’Italia si sposta online
Ma non tutto il male viene per nuocere. Tra i risvolti positivi dell’emergenza di inizio anno c’è sicuramente una maggiore, e migliore, fruizione delle potenzialità offerte da internet e nuove tecnologie, specialmente nel mondo del vino.
Un segnale importante, in questo senso, lo ha lanciato la stessa Commissione Europea nel giugno scorso, prevedendo la copertura anche di investimenti digitali nella recente revisione dei bandi Ocm Vino 2020 / 2021 e di nuove misure a sostegno dei produttori UE.
Tra le novità più interessanti, la possibilità di selezionare e incontrare online importatori da tutto il mondo grazie a nuove piattaforme di B2B. Una novità in grado di garantire sicurezza in termini di distanziamento sociale, e abbattimento allo stesso tempo insostenibili costi per i produttori per la partecipazione a fiere ed eventi di settore in tutto il mondo.
Due valide ragioni che lasciano ben intendere perché quello del B2B online sia un canale in crescita e, soprattutto, sul quale continuare ad investire anche in previsione di nuovi possibili sconvolgimenti sanitari.
Un cambiamento del quale noi di Wine Business Hub abbiamo scelto di essere parte, mettendo a disposizione dei produttori italiani una preziosa lista di collaboratori, acquisita in anni di esperienza nel settore export e promozione di vini italiani con l’agenzia Elle-Due.
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