
Con una importazione media annua di circa 5 milioni di ettolitri, per un valore complessivo di 8 miliardi di dollari canadesi (pari circa a 5 miliardi di euro), il Canada rappresenta la seconda nazione per il commercio di vini oltreoceano. Nonostante la bevanda nazionale sia indiscutibilmente la birra (73 litri pro-capite annui a persona, su una media di 100 litri di bevande alcoliche consumate, 17 dei quali vino), la domanda di prodotti enologici è cresciuta sensibilmente negli ultimi anni, mantenendosi stabile anche durante l’emergenza sanitaria. Non solo: registrando un piccolo quanto significativo incremento.
La penetrazione del mercato da parte dei vini europei negli ultimi dieci anni ha trovato terreno fertile grazie a numerosi fattori. Primo tra tutti, la vicinanza con la cultura francofona, a cui il Canada, per storia e lingua, è ancora fortemente legato. Non a caso, la tradizione enologica nel Paese, modesta quanto affermata, deve molto alla scuola dei colonizzatori che, insieme agli altri esploratori provenienti dal Vecchio Mondo, contribuì alla produzione di vini ancora oggi noti e commercializzati (come l’Icewine).
Vendere vino in Canada: mercati principali
Grazie alla riconoscibilità e al prestigio del proprio brand, l’Italian Wine ha saputo posizionarsi bene sul podio dei 5 maggiori importatori di vini nel Paese. A trainare il mercato è, come detto, la Francia, seguita a debita distanza dal Bel Paese e da Australia, USA e Cile.
Nonostante in ciascuna delle 10 provincie canadesi il mercato del vino rappresenti un segmento a sé stante, come accade nei diversi Stati USA, il Quebec è certamente il territorio maggiormente attrattivo per i nostri vini. In questa provincia, le etichette italiane rivestono il 22,8% della quota di mercato in volume, posizionandosi al secondo posto dopo la Francia.
Discorso simile anche per Ontario e Columbia Britannica, dove gli Italian Wine rappresentano però rispettivamente 3° e 4° posizione, con un valore di mercato del 15% e 9%. Negli stessi territori, il vino canadese rappresenta in valore il 47%. Sintomo, quest’ultimo, che per le etichette italiane c’è ancora molto da lavorare, ma le condizioni in termini di ricettività e alfabetizzazione del mercato sono certamente favorevoli.
Attualmente, il mercato dei vini rossi in Canada riveste una quota del 45% complessiva, mentre quello dei bianchi la restante. Meglio il segmento degli sparkling, dove l’80% dei vini proviene al di fuori dei confini nazionali. Non a caso, esempio di grande successo fu l’exploit registrato dal Prosecco nel 2019, che consacrò il segmento italiani dei vini mossi in prima posizione con il 33% delle transazioni, contro il 16% francesi e spagnole.
Norme e regolamenti per vendere vino in Canada
Dalla loro, i vini italiani possiedono una buona occasione di permeare il mercato canadese grazie al fattore prezzo: gli italian wine, infatti, si piazzano su un valore medio di 6,78 dollari a litro, contro gli 8,90 di Francia e gli 8,26 degli Stati Uniti. L’innegabile qualità dei prodotti e l’ottimo rapporto qualità – prezzo ha determinato una forte espansione del segmento italiano negli ultimi anni, sempre più pronti a rivestire ruoli di prestigio all’interno di canali ricettivi e della grande distribuzione.
È però importante tenere a mente che il mercato dei vini in Canada è regolamentato dai monopoli di Stato, che controllano la commercializzazione degli stessi, consentita in liquor store specializzati.
Per questo i prodotti devono rispettare alcune fondamentali regole di ingresso, come la presenza di una seconda etichetta bilingue (francese – inglese) in cui siano riportate informazioni circa denominazione, Paese di origine, allergeni e volume alcolico. Non è richiesta la registrazione delle etichette presso il monopolio di Stato, ma è consigliabile inviare copia della stessa per approvazione prima del trasporto delle referenze.
Non sono richieste analisi organolettiche del prodotto, in quanto effettuate dagli stessi laboratori del monopolio. I documenti doganali vengono solitamente forniti dagli importatori intermediari, che si occuperanno di ritirare i prodotti spediti presso le cantine del monopolio, una volta giunti a destinazione.
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