
Il Coronavirus ha costretto ad una riorganizzazione totale dei mercati internazionali. La filiera del vino non ha fatto eccezione e va da sé che gli sconvolgimenti più grandi arrivino dalla Cina, primo Paese colpito dall’emergenza e, ad oggi, tra i più determinati ad uscirne.
La revisione di politiche doganali, rapporti commerciali e transazioni internazionali ha determinato, tra le altre cose, l’applicazione di nuove tassazioni sui vini di importazione. Una semplice riforma che ha, però, avuto esiti sconvolgenti. Il dazio in questione è il cosiddetto “antidumping”, che non consente (detto in parole povere) la vendita nel Paese di prodotti ad un prezzo inferiore a quello praticato nella nazione di origine.
Una norma “studiata”, se così si può dire, sul vino australiano, penalizzando fortemente uno dei player più influenti nel Paese del Dragone insieme a Cile, Italia e Francia. E proprio tra i due cugini europei, da sempre concorrenti diretti sul mercato del vino internazionale, si apre ora una nuova competizione per colmare il vuoto lasciato sulla piazza asiatica e guadagnare posizioni in vista della ripartenza post-pandemia.
Il vino australiano crolla in Cina: 98% in meno nel 2020
I dati diffusi da Federvini in questi primi mesi del 2021 hanno fatto strabuzzare gli occhi dei professionisti del settore in tutto il mondo. Un drastico calo delle importazioni cinesi di vino australiano ha fatto crollare le transazioni del 98%, passando da un valore di 162 milioni di euro a ottobre ad appena 4 milioni a dicembre.
La categoria dei rossi quella più colpita. Il valore dei dazi approvati da Pechino hanno incrementato le tariffe per gli spedizionieri australiani fino al 212,1%. Con una nota nel novembre scorso, le autorità cinesi hanno dichiarato di aver adottato misure temporanee con tassazioni del 6,4% circa per i fornitori australiani nell’ottica di limitare la vendita di vini a prezzo inferiore rispetto al valore di mercato in Patria. Politiche antidumping, appunto, che hanno di certo sortito gli effetti sperati.
Con la scomparsa dell’Australia dalla piazza cinese è di fatto venuto a crearsi un buco da 1,3 miliardi di dollari australiani l’anno, equivalenti a 900 milioni di dollari statunitensi. Una tragedia per i piccoli produttori, per i quali la Cina rappresentava il 39% delle esportazioni enologiche del Paese.
Wine Export Cina: largo ai vini europei
La falla da quasi 1 miliardo di dollari generata dal crollo dei vini australiani ha già iniziato a favorire le esportazioni nel Paese da parte di altri importanti player internazionale, a cominciare da quelli europei.
Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, l’Italia si era già “confrontata” con gli exporter australiani sulla piazza Russa, dove il Bel Paese era riuscito a guadagnare punti in percentuale confermandosi primo Paese importatore per il vino, superando anche i competitor francesi e cileni. Ora lo scontro si sposta in estremo oriente, dove da sempre i prodotti enologici cileni e australiani hanno goduto di politiche commerciali favorevoli alle importazioni di vini che adesso, con l’applicazione dei nuovi dazi, lasciano ampio margine di crescita ai player europei. Non solo per quanto riguarda la filiera del vino.
L’inasprimento delle tassazioni, infatti, come fa notare la stessa Federvini, non ha colpito solo l’Australia del vino, ma anche altri prodotti provenienti dalla terra dei canguri come carbone, zucchero, orzo e prodotti ittici. La partita è ora in mano agli altri importanti player operanti nel Paese, siano essi i due principali produttori ed esportatori di vini europei, cioè Francia e Italia, o del resto del mondo, come California del Sud e Sud America.
L’occasione sembra piuttosto interessante, non solo perché offre la possibilità anche a piccoli produttori di trovare uno spiraglio interessante per l’apertura di nuovi mercati nei poli commerciali cinesi di prima fascia, come Shangai, Pechino, Guangzhou e Shenzen, ma anche in quelle di seconda, come Tianjin, Suzhou, Nanchino, Dalian, Yantai e Dongguang, e nella terza.
Vendere vino in Cina: il 2021 è un buon momento per iniziare
Negli ultimi dieci anni l’interesse della Cina per il mercato del vino Italiano è aumentato esponenzialmente. Nonostante la stessa Pechino abbia ormai iniziato ad avviare una propria filiera enologica, come quella nella provincia di Ningxia, la predilezione per i vini europei continua a guidare un mercato miliardario, posizionato tanto nel segmento luxury quanto in quello della piccola distribuzione / ristorazione.
Il vino italiano nel mondo è ancora un biglietto da visita importante, e la Cina non fa eccezione. L’ascesa del Paese nella ricostruzione post-pandemica è stata in questi mesi veloce e determinata. La Cina è decisa a dare un segnale di svolta per dimostrare un ritorno alla normalità dopo gli esiti disastrosi dell’emergenza sanitaria. E, in questo, il vino gioca un ruolo importante in quanto tra i primissimi prodotti emblema di una concreta ripresa dei consumi.
Vendi i tuoi vini all’estero con Wine Business Hub
Dopo anni di lavoro sulla piazza cinese, al fianco di decine di piccole e grandi cantine italiane, ci siamo ritrovati come molti altri impossibilitati a tornare in uno dei Paesi più interessanti per il vino italiano.
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