
La cultura orientale continua ad affermarsi sempre più in Occidente, soprattutto tra le nuove generazioni. Dalle serie TV come Squid Game ad influencer come Li Ziqi, Sayo Akasaka, Shinhai Ventura, l’Oriente sembra aver conquistato soprattutto il pubblico di millennials e centennials (ovvero gli appartenenti alla Generazione Z, nati tra la fine degli anni ’90 e quella del 2000).
Due generazioni che, come confermano ormai studi di settore italiani e internazionali, trainano praticamente i consumi di vino nel mondo, tracciando per questo l’ideale profilo del wine lover.
Ma se in Italia Instagram tira ancora per la maggiore, incrementando a doppia cifra le presenze rispetto a Facebook e altri social, nel resto d’Europa e del mondo continua ad alzarsi l’età media dei tiktokers, ossia degli iscritti a TikTok. La popolare app cinese per la condivisione di contenuti video che, in un primo momento, ha fatto breccia specialmente nel cuore dei più giovani, sta ora conquistando anche fasce di età più alta, affermandosi sempre più come il principale rivale delle applicazioni di casa Zuckerberg.
Un trend che coinvolge ovviamente anche i più disparati settori commerciali, a cominciare dalle case di moda, sempre più interessate ai nuovi linguaggi alla base del TikTok marketing.
Perché il vino italiano dovrebbe approdare su TikTok
In tutto il mondo (Cina compresa, dove però TikTok si chiama Douyin) l’app continua la sua crescita esponenziale. Un recente rapporto dell’Iwsr, l’International Wine & Spirits Research, ha indicato la piattaforma tra i social network con maggior tasso di presenze tra i “legal drinking age”, ossia gli utenti di età consona al consumo di bevande alcoliche, in dieci Paesi del mondo.
Paesi che rappresentano nove dei principali mercati per l’export di vino italiano: Cina, Germania, Francia, USA, Regno Unito, Russia, Brasile, Spagna, e Giappone.
Il decimo è l’Italia stessa.
Con circa 40 milioni di utenti in più in tutto il mondo, potenzialmente in target per il vino, registrati negli ultimi anni, e la sempre maggiore presenza di kol (Key Opinion Leader) e influencer del vino, TikTok è oggi tra le prime piattaforme in cui il marketing enologico è interessato ad investire. E, come sempre, i primi a farlo saranno i più ricompensati.
Vendere vino su TikTok: potenzialità di un gigante globale
Per chi vede ancora in TikTok poco più che un divertente intrattenimento o giocattolo per adolescenti, dovrebbe fare i conti con una sola, dimostrativa, case history:
Nel 2019, il milionario fashion blogger cinese Li Jiaqi, circa 40 milioni di follower sul suo canale, ha condotto una live stream di appena trenta secondi, mostrando i vini scelti per festeggiare il capodanno. Una promo che è si immediatamente tradotta nella vendita quasi istantanea di oltre 120.000 bottiglie registrata da Great Wall, costola del China National Cereals, Oils and Foodstuffs Corporation (Cofco), gigante comparto agroalimentare del Paese del Dragone.
Caso isolato? Sicuramente, ma allo stesso in grado di far comprendere la portata e le potenzialità di una piattaforma, oggi non più solo per teenager.
Solo tra agosto 2020 e giugno 2021, per esempio – sempre secondo l’Iwsr – in Brasile la presenza di millennials e centennials su TikTok è passata dal 35% al 75%, e quella dei nati tra il ’69 e il ’75 (X Generation) dal 27% al 48%. In Spagna, invece, la maggiore concentrazione si registra tra i millennials. Seguono, con percentuali minori, ma altrettanto significative, tutti gli altri Paesi analizzati.
Vendere vino online: non solo social
Nonostante l’ascesa di TikTok e la rinconferma di altri canali social, a cominciare da Facebook e Instagram, le strategie digitali per vendere vino online non passano, com’è ovvi, esclusivamente attraverso questi canali.
Il 43% dei soggetti intervistati in Cina dall’agenzia di ricerca Wine Intelligence, che ha recentemente diffuso un report sull’argomento, ha dichiarato di affidarsi principalmente ai consigli di amici e familiari, per la scelta dei vini da acquistare. Nonostante la grande popolarità dei social network in Cina (per certi versi anche distopica per noi occidentali), a questi strumenti è demandato, sempre secondo la ricerca, appena il 30% della journey che un utente compie prima della conversione.
Il core delle conversioni online è ancora concentrato su siti specializzati, e incentivato da informazioni offerte dall’azienda e promozioni all’interno degli scaffali della GDO.
Stesso discorso vale per USA e Regno Unito, dove la predominanza del mercato dei vini online ha comunque poco a che fare con il social network. Allora, a cosa servono questi ultimi?
Come detto anche in passato, a costruire una reputazione, a fare branding, a trasmettere informazioni e know-how sul prodotto. Aspetti sicuramente fondamentali in una strategia di vendita degna di questo nome, ma le transizioni – sia sul retail che sul b2b – sono ancora appannaggio di canali digitali specializzati.
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